martedì 29 settembre 2015

Discutere senza insultare si può (ma Bagnai non vuole farlo)

Per chi non lo avesse ancora capito, Bagnai ha spiegato un paio di giorni fa come stanno le cose:





Traduco:  IO so' IO e voi non siete un cazzo. Sono stufo degli incompetenti: la discussione fra incompetenti è il cancro della nostra democrazia. Non c'è niente di cui discutere, se volete capire comprate i miei libri altrimenti andate a cagare. Non è colpa mia se siete degli idioti.

Ammetto che la traduzione è un po' libera (e mi scuso per i francesismi) ma il senso è quello.

A me però sorge spontaneo il solito dubbio: è più cancerogena per la nostra democrazia la libera discussione tra persone più o meno competenti che cercano di capire o la presunzione e la superficialità di chi crede di essere chissà chi (senza esserlo veramente) e pretende di stabilire chi è competente e chi no



 e di zittire chiunque non sia d'accordo con lui?

E' un dubbio che fa da sottofondo anche al post nel quale ho contestato la validità della seguente affermazione di Alberto Bagnai:

"l'aggiustamento tramite cambio [...] non ha mai e da nessuna parte seriamente danneggiato i salari dei lavoratori (escluse alcune economie sudamericane per i motivi che sapete)" 

segnalando che la svalutazione della sterlina tra il 2007 ed il 2009 è associata ad una significativa diminuzione dei salari reali e ad un aumento altrettanto significativo della disoccupazione. Si tratta di un episodio di storia economica recente che Bagnai ha ignorato anche nel post Svalutazione e salari: leggende metropolitane bipartisan

Ho precisato che è molto difficile stabilire se la svalutazione della sterlina sia stata la vera causa o la causa principale della riduzione dei salari reali inglesi nel biennio successivo alla svalutazione ma siccome i dati ci dicono che i salari reali si sono ridotti e la disoccupazione è aumentata dopo la svalutazione della sterlina non si può nemmeno escludere che vi sia una relazione causale di qualche tipo.


Peraltro lo scopo del post non era tanto quello di confutare una singola affermazione di Bagnai  quanto quello di sottolineare che le affermazioni e le analisi superficiali, che prendono in considerazione solo i dati che servono per giustificare le proprie tesi, limitano e spesso impediscono la comprensione dei fatti economici e quindi inibiscono anche la capacità di elaborare soluzioni adeguate ai problemi.

Il commentatore Francisco Goya è intervenuto per ricordare che anche Emiliano Brancaccio si è occupato degli effetti di una uscita da regime di cambio fisso sulla quota salari e sostiene che sono tutt'altro che rose e fiori.

Poi è intervenuto Ippolito Grimaldi per dire Ma bisogna proprio essere economisti per capire che in assenza di meccanismi di compensazione come indicizzazione dei salari e/o controllo dei prezzi e/o controllo delle importazioni e dei movimenti di capitali, in caso di svalutazione o rivalutazioni traumatiche chi se lo piglia in culo sono sempre i lavoratori e le fasce meno tutelate della popolazione?

Poco dopo è intervenuto Petyr Baelish  per precisare che Bagnai è favorevole alle indicizzazioni.

Questa precisazione mi ha offerto l'occasione per evidenziare una delle tante incongruenze del Bagnai-pensiero:


Bagnai è favorevole, in un ipotetico scenario post-€, alla reintroduzione di un nuovo meccanismo di indicizzazione dei salari e nello stesso tempo ha sostenuto e tuttora sostiene con forza che uscire dall'€ e tornare alla moneta nazionale non avrebbe ripercussioni significative sull'inflazione e sul valore dei salari reali. Quindi, perché proporre l'indicizzazione dei salari ?

Nel frattempo era intervenuto Fiorenzo Fraioli per alcuni ragguagli di filologia goofanza e per puntualizzare che 

la sostanza di quello che vuole dire Bagnai è che un recupero di competitività via svalutazione del cambio è molto meno problematico che non per via di una deflazione salariale.

Ho contestato questa affermazione facendo presente che la tabella da me riportata nel post suggeriva, sulla base del caso inglese, una lettura di senso contrario cioè che un recupero di competitività via svalutazione del cambio può essere invece più  problematico che non per via di una deflazione salariale.
  
Questa è la rappresentazione grafica della tabella del post precedente:





Si vede chiaramente che tra il 2007 ed il 2011 i salari reali inglesi, in un contesto post-svalutazione, hanno sofferto una riduzione maggiore rispetto a quelli dei paesi dell'€ che in alcuni casi sono cresciuti in un contesto disinflazionistico.

Ma Fiorenzo Fraioli  non si è convinto: secondo lui avrei dovuto

tener conto del monte salari reale complessivo, non solo dei salari reali dei sopravvissuti alla caduta dell'occupazione. Inoltre il confronto, per essere omogeneo, deve tener conto della spesa pubblica "consentita", che è un dato politico. Ad esempio in Spagna i real wages sono aumentati del 2,4%, ma la disoccupazione è la più alta d'Europa e il deficit "consentito" è arrivato al 9%.

E poi, in un altro commento, aggiunge altre considerazioni: 

che fa il buon Peter? Per dimostrare che è meglio deflazionare che svalutare prende il dato della Spagna e me lo sbatte in faccia. [...] Se saremo bravi come la Spagna, i salari reali dei sopravvissuti aumenteranno anche da noi.

Precisiamo allora alcune cose : 

1) non ho preso nessun dato della Spagna per dimostrare che è meglio deflazionare che svalutare, semmai è stato Fiorenzo Fraioli a prendere il dato della Spagna per cercare di dimostrare che non è corretto accostare lo scenario inglese a quello spagnolo perché troppo differenti. Ma il punto è che io non ho accostato il dato inglese solo a quello spagnolo, ho confrontato il dato inglese con quello di tutti i paesi dell'Eurozona semplicemente per sottolineare che in un contesto post-svalutazione la riduzione dei salari reali può essere maggiore che in un contesto deflattivo.


2) se avessi preso in considerazione il monte salari reale complessivo, come suggerito da Fiorenzo Fraioli, avrei fatto più o meno le stesse considerazioni che ho fatto prendendo in esame la dinamica dei salari reali tra il 2007 ed il 2011.

Il grafico che segue documenta la variazione della quota salari dal 2009 al 2013 nei principali paesi OCDE

Fonte: https://thenextrecession.wordpress.com/

  
 e ci mostra che :

- la quota salari si riduce dappertutto

- è vero che la quota salari del Regno Unito si riduce meno della media dell'Eurozona ma è anche vero che la media dell'Eurozona è alta a causa delle variazioni particolarmente negative dei PIGS (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna)

- se però confrontiamo la riduzione della quota salari inglese con quella dei paesi più importanti dell'Eurozona (Germania, Francia e Italia) vediamo che la riduzione inglese è più marcata di quella degli altri tre paesi.

Quindi i dati relativi alla riduzione del monte salari reale complessivo confermano in buona sostanza che lo scenario post-svalutazione presenta gli stessi problemi, ma in maniera più accentuata, dello scenario deflattivo: riduzione dei salari reali, aumento della disoccupazione e anche riduzione della quota salari.

3) detto questo, ribadisco che non volevo e non voglio dimostrare che è meglio deflazionare che svalutare, cerco semplicemente di documentare, tenendo in considerazione il dato inglese e quello di altri paesi avanzati dell'Eurozona, che in un contesto post-svalutazione i salari reali possono ridursi in misura maggiore che in un contesto deflattivo o detto altrimenti uno scenario post-svalutazione esterna può essere peggiore di uno scenario post-svalutazione interna riguardo al valore dei salari reali (e non solo riguardo ai salari).


Ma non ci sono solo la riduzione dei salari reali, la riduzione della quota salari e l'aumento della disoccupazione a caratterizzare lo scenario post-svalutazione inglese, c'è anche l'aumento della disuguaglianza: 


 
Fonte: https://www.oxfam.org



Nel 2010, dopo la svalutazione del 2007-2009,  il Regno Unito figurava tra i paesi avanzati con il maggior livello di disuguaglianza: 



Inequality of income distribution, 2010


E' vero che anche in questo caso è problematico stabilire una correlazione specifica tra svalutazione e aumento della disuguaglianza perché tale aumento può dipendere in realtà da una pluralità di fattori ma è altrettanto vero che il problema persiste e si aggrava nel contesto di uno scenario post-svalutazione. 

Il tema della disuguaglianza è decisivo perché ci costringe a mettere il naso fuori dalla finestra e guardare il mondo reale lasciando perdere quello fantasy di Alberto Bagnai.

Nel mondo reale l'€ è solo una moneta che veicola, al pari di altre monete, alcune tendenze epocali: 

- la quota salari cala dappertutto a partire dalla metà degli anni '70




  
 - mentre la quota salari cala dappertutto i profitti invece salgono



 - questa divaricazione (che inizia a diventare stabile e sempre più pronunciata a partire dalla metà degli anni '80 ) produce un aumento delle disuguaglianze perché i profitti tendono ad auto-alimentarsi tramite il sistema finanziario che comincia ad espandersi velocemente su scala mondiale mentre la parte che remunera il lavoro tende a ridursi





- ma la stagnazione dei salari e la crescita delle disuguaglianze diventano ad un certo punto un fattore di crisi perché a lungo andare influenzano la capacità di spesa provocando un aumento dei debiti privati.


Secondo Michael Kumhof and Romain Rancière  Higher income inequality in developed countries is associated with higher domestic and foreign indebtedness. In particolare, secondo i due autori  increase in inequality has contributed to a deterioration in the richest countries’ aggregate savings-investment balances, as the poor and middle class borrowed from the rich and from foreign lenders. This, along with the other factors mentioned above, can fuel current account deficits.





Non solo: secondo i due autori, an increase in inequality translates into lower real wages for the bottom 95 percent of the population and higher indebtedness at home ad abroad.

E' quello che in pratica è successo negli USA a partire dagli anni '70 fino alla fase che ha preceduto la crisi-Lehman: in un sistema economico-sociale tendenzialmente iniquo la stagnazione dei salari ha provocato un aumento consistente del debito privato

Fonte: http://www.tcf.org/blog


ed un corrispondente aumento della disuguaglianza 






Anche sul piano globale la stagnazione dei salari e la crescita delle disuguaglianze ha provocato un aumento generalizzato del debito aggregato





- basta poco per far entrare in crisi un sistema globalizzato che sopravvive sulla base di disuguaglianze e debiti, privati e pubblici, che stanno diventando problematici perché fonte di squilibri: è sufficiente che fallisca un'importante banca privata e succede il finimondo.

- giunti a questo punto s'innesca un meccanismo perverso, un circolo vizioso: con l'aggravamento di una crisi che da strisciante diventa conclamata aumenta la disoccupazione, si riduce in modo brusco la quota salari, crolla la domanda interna nei paesi più deboli, aumenta dappertutto il peso dei debiti esteri (privati e pubblici), i creditori serrano le fila, si riduce la domanda globale, aumentano dappertutto le disuguaglianze, diminuisce la capacità di spesa della maggioranza della popolazione, si riduce ulteriormente la domanda interna nei paesi più deboli, aumenta ancora  la disoccupazione, aumentano di nuovo le disuguaglianze e via di questo passo.

Sono cose di cui ha scritto anche Alberto Bagnai ma lui le banalizza nella misura in cui finisce per spostare il focus sempre e solo sull'€ per attribuire all'€ colpe che l'€ non ha.

Le disuguaglianze sono cresciute anche nell'Eurozona? Sì, sono cresciute anche nell'Eurozona:


Fonte: Dawid Sawicki

ma l'€ non è la causa della crescita delle disuguaglianze, l'€ semplicemente asseconda, al pari delle altre monete, un tipo di sviluppo economico-sociale fondato sul debito prodotto dal capitalismo finanziario che si è sviluppato negli ultimi decenni su base mondiale.






C'è però una questione che vale la pena di esaminare: perché nella crisi dell'Eurozona i paesi che hanno sofferto di più e che hanno subìto una crescita della disuguaglianza piuttosto marcata sono stati quelli che avevano i debiti pubblici più alti (Italia e Grecia) e quelli senza un welfare sviluppato con forme di reddito minimo garantito (ancora Italia e Grecia)?

Vuoi vedere che la crisi dell'Eurozona non è solo una crisi di bilancia dei pagamenti e di debiti pubblici e privati ma è anche e soprattutto una crisi maturata per la crescente disuguaglianza sociale prodotta dallo sviluppo selvaggio del capitalismo finanziario? 

Ma cambiare moneta e svalutare potrebbe risolvere, almeno parzialmente, il problema? Pare di no:  il caso inglese ci mostra che dopo una svalutazione del cambio i salari reali e la quota salari possono ridursi in misura maggiore rispetto a situazioni nelle quali non è possibile agire sulla flessibilità del cambio. Inoltre il caso inglese ci mostra che dopo una svalutazione del cambio possono aumentare anche la disoccupazione e le disuguaglianze. In definitiva la svalutazione del cambio può implicare politiche di austerità non meno pesanti di quelle adottate da chi non può svalutare autonomamente.

Il caso inglese ci mostra che avere la sovranità monetaria e poter usare la leva del cambio flessibile per affrontare una crisi non è una condizione sufficiente per evitare l'austerità e tutto quello che essa comporta e ci suggerisce che rimuovere l'€ potrebbe essere inutile o addirittura controproducente per i paesi economicamente e socialmente più fragili mentre potrebbe essere utile per tutti rimuovere l'attuale governance politico-economica dell'€ e cambiare le regole per inoculare nel sistema elementi radicalmente riformisti per ridurre le disuguaglianze.

Sì, l'€ è una forma di governo ma rimuovere l'€ non implica la rimozione della forma di governo mentre la rimozione della forma di governo implica un € diverso e un'Europa diversa.


Ma Fiorenzo Fraioli non sarebbe d'accordo: lui crede che un recupero di competitività via svalutazione del cambio è molto meno problematico che non per via di una deflazione salariale.

Anzi, secondo Fiorenzo Fraioli

il conflitto distributivo causato da una deflazione salariale presenta dinamiche che avvantaggiano i ceti ricchi, mentre lo stesso conflitto distributivo, successivo a una svalutazione, lascia ai ceti meno privilegiati qualche strumento di difesa in più. Ad esempio, questi possono battersi per l'introduzione di meccanismi di indicizzazione.

A me pare piuttosto bizzarro ritenere che i ceti meno privilegiati avrebbero la capacità e la forza di battersi per l'introduzione di meccanismi di indicizzazione dei salari in un ipotetico scenario post-svalutazione: a parte il fatto che la battaglia per la scala mobile è stata perduta anni fa, a parte il fatto che bisognerebbe specificare cosa s'intende per ceti meno privilegiati (i disoccupati cosa sono?), a parte il fatto che i ceti meno privilegiati dovrebbe battersi per ottenere un reddito minimo di sostegno (in questa fase storica, qui in Italia, un obiettivo molto più importante di un'eventuale indicizzazione dei salari, IMHO),  a parte il fatto che nel Regno Unito il conflitto distributivo, successivo a una svalutazione, è stato vinto dall'austeriano Cameron, a parte tutto questo non vedo per quale ragione i ceti meno privilegiati avrebbero in futuro la capacità e la forza di battersi per il lavoro quando non riescono a battersi adesso per difendere il lavoro contro il capitale e ridurre le disuguaglianze? Perché i ceti meno privilegiati dovrebbero riuscire a fare dopo una cosa che non riescono a fare adesso

Datemi una risposta sensata e vi trasformerò il mondo.

P.S.  Una breve riflessione conclusiva: come vedete discutere senza insultare si può, ma Bagnai non vuole farlo, anzi lui non vuole nemmeno che si discuta, lui vuole solo pontificare.

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Webgrafia


- Emiliano Brancaccio - Nadia Garbellini, Uscire o no dall'euro: gli effetti sui salari

- Thomas Goda, The role of income inequality in crisis theories and in the subprime crisis

. Andrew G Haldane, Twin Peaks

- Keynesblog, Uscire dalla crisi con Keynes

Riccardo Realfonzo - Angelantonio Viscione, Gli effetti di un’uscita dall’euro su crescita, occupazione e salari

- OECD, An Overview of Growing Income Inequalities in OECD Countries: Main Findings

- Krisnah Poinasamy, The true cost of austerity and inequality. UK case study

- Engelbert Stockhammer, Why have wage shares fallen? A panel analysis of the determinants of functional income distribution


- The Scale of Economic Inequality in the UK



Riccardo Realfonzo, Angelantonio Viscione

sabato 26 settembre 2015

A Bagnai manca l'umiltà di leggere un dato

Dopo aver attaccato in modo scorretto Francesco Giavazzi, dopo la fatwa contro Telese, dopo aver bacchettato Luciano Gallino e dopo aver minacciato di querelare chi ha giustamente messo in evidenza il carattere equivoco dell'attuale deriva rossobrunista di Alberto Bagnai, non poteva mancare la catilinaria delirante con la solita sequenza di stupidaggini e analisi fuorvianti. Contestare punto per punto le affermazioni scriteriate e senza fondamento di Alberto Bagnai sarebbe un'impresa titanica, mi limiterò pertanto a sottolineare la problematicità di un'affermazione che prova quanto sia superficiale (per non dire inconsistente) la Goofynomics di Alberto Bagnai.

Ad un certo punto Bagnai sostiene che "l'aggiustamento tramite cambio [...] non ha mai e da nessuna parte seriamente danneggiato i salari dei lavoratori (escluse alcune economie sudamericane per i motivi che sapete)" e a sostegno di questa tesi rimanda al post intitolato Svalutazione e salari: leggende metropolitane bipartisan.

Purtroppo questa affermazione non tiene conto della svalutazione della sterlina avvenuta tra il 2007 ed il 2009 e delle ripercussioni che tale svalutazione ha avuto sulla dinamica dei salari reali inglesi che hanno subìto, come si evince dalla seguente tabella, una consistente riduzione 






Come ha sottolineato nell'ottobre del 2014 Andrew G. Haldane, Chief Economist e Executive Director, Monetary Analysis and Statistics della Bank of England:

“Growth in real wages has been negative for all bar three of the past 74 months. The cumulative fall in real wages since their pre-recession peak is around 10%. As best we can tell, the length and depth of this fall is unprecedented since at least the mid-1800s!"  





Ovviamente è molto difficile stabilire se la svalutazione della sterlina sia stata la vera causa o la causa principale della riduzione dei salari reali inglesi, certo è che i dati ci dicono che dopo la svalutazione della sterlina i salari reali si sono ridotti in maniera significativa nel biennio successivo alla svalutazione ed in maniera ancora più accentuata negli anni successivi.


 Così come i dati ci dicono anche che dopo la svalutazione della sterlina la disoccupazione è aumentata





Quindi, riassumendo, non è corretto dire che "l'aggiustamento tramite cambio [...] non ha mai e da nessuna parte seriamente danneggiato i salari dei lavoratori" perché  i dati ci dicono che dopo la svalutazione della sterlina sono diminuiti i salari reali ed è aumentata anche la disoccupazione.

Questo vuol dire che in linea generale non si può escludere che vi possa essere, in certi casi,  un rapporto di causa-effetto tra svalutazione e riduzione dei salari reali e aumento della disoccupazione.

Se Bagnai avesse l'umiltà di leggere anche i dati che non gli fanno comodo, tutto il dibattito sull'€ sarebbe meno confuso e superficiale.


venerdì 18 settembre 2015

La clamorosa confessione di Alberto Bagnai

Non ci crederete ma oggi Alberto Bagnai ha continuato la querelle con Giavazzi pubblicando sul FQ una controreplica nella quale confessa che il suo attacco di 2 giorni fa era pretestuoso, velleitario ed in malafede (come si è detto ieri nel post La memoria di Alberto Bagnai è come l'emmenthal)

Certo, non lo confessa esplicitamente ma l'incipit della controreplica non lascia adito a molti dubbi: si tratta di una confessione.

Le parole esatte di Bagnai sono queste :

Nella sua replica al mio intervento del 16 settembre,  Francesco Giavazzi rivendica di non aver mai cambiato idea sui vantaggi dell'austerità, e di aver segnalato fin dal 2010 il pericolo degli squilibri di bilancia dei pagamenti in una unione monetaria. Ne ero al corrente

Sì, avete letto bene, Bagnai dice : Ne ero al corrente

Cioè: Bagnai ha biasimato Giavazzi per aver ignorato, a suo dire per lungo tempo, che la crisi dell'Eurozona nasce dal dissesto della finanza privata e poi lo ha biasimato perché, sempre a suo dire, avrebbe fatto una "conversione a U" anche sulla questione dell'austerità, una conversione che pone seri problemi di etica professionale, ma dopo 2 giorni lo stesso Bagnai, sì, proprio lui, non un omonimo, ci viene a dire che era al corrente del fatto che Giavazzi aveva segnalato fin dal 2010 i pericoli che derivavano dalla finanza privata fuori controllo e che non aveva cambiato idea sulla questione dell'austerità.

Ma allora che lo ha biasimato a fare con un attacco cavilloso, infondato, ipocrita, sleale e ingannevole se Bagnai era al corrente che le posizioni di Giavazzi non erano quelle che gli venivano attribuite?

Beh, questo lo abbiamo spiegato ieri: Bagnai ha fame di visibilità e per ottenerla è disposto a qualunque cosa, anche a sbugiardare se stesso nel giro di 48 ore.


P.S. Ripeto (per i duri di comprendonio) : non m'interessa difendere Giavazzi, m' interessa far capire perché Bagnai è un soggetto da scansare.

giovedì 17 settembre 2015

La memoria di Alberto Bagnai è come l'emmenthal

A proposito della filippica di Bagnai contro Giavazzi pubblicata ieri sul FQ (che ora è disponibile online su a/simmetrie) ieri sera mi è stato suggerito di fare un piccolo sforzo per commentare l'articolo sul FQ su Giavazzi, soprattutto alla luce di quanto questi scrive adesso sulle cause della crisi dell'euro.

Avevo già annunciato che non avrei commentato la filippica perché non me la sentivo di correggere riga per riga tutte le imprecisioni di Bagnai ma di fronte ad una richiesta così esplicita non mi sono potuto esimere ed eccomi qui.

Per fortuna lo sforzo è davvero piccolo perché stamani, inaspettatamente, si è fatto vivo lo stesso Giavazzi con una replica pubblicata sul FQ ed è lui stesso a correggere alcune lievi imprecisioni (*) di Bagnai.






Giavazzi mette giustamente in evidenza 2 punti sui quali avevo intenzione di soffermarmi anch'io: 

punto 1)  Giavazzi fa presente di non aver cambiato idea, come invece vorrebbe far credere Bagnai nella sua filippica, sull'origine della crisi dell'Eurozona e a tal proposito cita un paper del 2010 intitolato Why the current account may matter in a monetary union nel quale in effetti si mette in luce il ruolo della finanza privata all'origine degli squilibri e della crisi dell'Eurozona.

punto 2) Giavazzi fa notare che Bagnai fa un salto logico quando sostiene se il problema non era il debito pubblico, l'austerità non era soluzione: 

il fatto che la crisi non abbia avuto origine dal debito pubblico - spiega Giavazzi - non dice nulla ( e qui Bagnai fa un salto logico) sulle politiche fiscali appropriate per affrontarla, una volta che debito e deficit pubblici sono stati creati.

Il salto logico di  Bagnai è causata dal fatto che Bagnai non distingue tra origine e sviluppo della crisi: un conto è dire che la crisi ha la sua origine negli squilibri prodotti dalla finanza privata ed un conto è capire come risolvere la crisi una volta che la crisi della finanza privata si è sviluppata in una crisi della finanza pubblica ( perché la finanza pubblica ha dovuto tamponare la crisi della finanza privata).

Ma il semplicismo di Bagnai non contempla questi distinguo: secondo lui o si dice che la crisi è dovuta alla finanza privata (ma allora l'austerità non è la soluzione del problema perché l'austerità opera a valle di uno squilibrio reale privato, lasciando inalterato quest’ultimo come sostiene Bagnai ne  I “salvataggi” che non ci salveranno) oppure si dice che la crisi è una crisi della finanza pubblica (ma in questo caso, secondo Bagnai, la diagnosi è sbagliata a prescindere e quindi, a maggior ragione, è sbagliata anche la terapia dell'austerità)

Il fatto è, secondo Bagnai, che Giavazzi ammette adesso che la crisi dell'€ è una crisi dovuta alla finanza privata e quindi, sempre secondo Bagnai, Giavazzi avrebbe fatto una vera e propria "conversione a U".

La cosa buffa (ma c'è del tragico nella comicità involontaria di Bagnai) è che Bagnai non ricorda  (ecco spiegato il titolo di questo post che allude ai buchi nella memoria ) o fa finta di non ricordare ( in tal caso il post potrebbe intitolarsi Lo smemorato di Pescara) che lui stesso, sì, proprio lui, Bagnai in persona,  3 anni fa ( ripeto: 3 anni fa  3 anni fa 3 anni fa 3 anni fa 3 anni fa 3 anni fa 3 anni fa 3 anni fa 3 anni fa) , in un post pubblicato sul FQ intitolato Quelli che… la colpa è del debito pubblico aveva registrato nei termini che seguono la posizione di Giavazzi:


Insomma, 3 anni fa Bagnai riconosceva che anche Giavazzi era d'accordo sul fatto che la crisi di debito pubblico era stata causata dal dissesto finanziario del settore privato.

Allora perché Bagnai attacca Giavazzi con una filippica pretestuosa e velleitaria accusandolo adesso di una "conversione a U" che non c'è mai stata visto che Giavazzi, già nel 2010 (ad esempio qui) e nel 2012 (come ammette lo stesso  Bagnai nel post del 2012) aveva evidenziato il ruolo della finanza privata all'origine della crisi dell'Eurozona?

La spiegazione è semplice: Bagnai ha sempre bisogno di attaccare qualcuno perché a lui non interessa discutere in modo corretto, lui vuole assicurarsi il massimo della visibilità, sempre e comunque, gli interessa vincere i Macchianera Awards, se la De Filippi gli offrisse di fare il tronista a "Uomini e Donne" Bagnai ci andrebbe.


P.S.  Per non appesantire il post, non ho commentato il modo capzioso e fuorviante con il quale Bagnai decontestualizza alcune frasi e locuzioni di Giavazzi.

P.S. 2  A scanso di equivoci, lo scopo di questo post non è quello di difendere Giavazzi, lo scopo è far capire chi è Bagnai



(*)  Per la locuzione lievi imprecisioni rimando al dizionario pippesco

mercoledì 16 settembre 2015

Le piccole bugie di Alberto Bagnai

Oggi Coso ha pubblicato sul FQ una filippica contro Francesco Giavazzi. Non la commenterò perché mi toccherebbe correggere riga per riga tutte le imprecisioni di Coso, mi limito a dire che Coso usa more solito la tecnica dalla straw man fallacy per attaccare Giavazzi e portare acqua al suo mulino. 

Ma nella filippica c'è un piccolo dettaglio che ha subito attirato la mia attenzione: Coso afferma , testuale, che Il tramonto dell'euro ha venduto 17.994 copie fino al 31 dicembre 2014. 

Questo dato è interessante perché Coso si è sempre vantato di aver venduto molto di più: 

 - il 3 marzo 2014 Coso scriveva su Twitter :

Io sono uno che ha venduto decine di migliaia di copie dicendo la verità. Piccolo problema: ora la verità sull'euro è nota.



N.B. Coso si vanta di aver venduto decine di migliaia di copie ma all'epoca il secondo libro "l'Italia può farcela" non era ancora uscito e quindi Coso non poteva che riferirsi al TDE 


- il 30 marzo 2014 Coso ribadisce il punto:

Uno vende 25000 copie di un libercolo demagogico premiato dal Canova... Daje a rode!



N.B. Coso si vanta di aver venduto 25000 copie del TDE alla data del 30 marzo 2014


- il 25 maggio di quest'anno le copie vendute diventano 30000




-  dopo qualche settimane, il 17 giugno, Coso ribadisce di aver venduto 30000 copie del TDE




Ma oggi Coso ha rivelato di aver venduto 17.994 copie del TDE fino al 31 dicembre 2014, quindi Coso ha fatto una sparata delle sue quando nel marzo del 2014 si è vantato di aver venduto decine di migliaia di copie del TDE e di averne vendute per l'esattezza 25000. Non era vero!  Insomma Coso nel 2014 ha raccontata una piccola bugia e probabilmente l'ha raccontata anche nel 2015 perché è improbabile che tra gennaio e giugno del 2015 abbia venduto altre 12.000 copie del TDE.

Non è la prima volta che Coso racconta delle piccole bugie: le ha raccontate, come si è visto alcune settimane fa, anche riguardo al numero dei lettori del blog. 

Perché lo fa? Beh, è una questione di carattere: Coso è un megalomane ed è molto ambizioso, per natura è portato a strafare, a straparlare, ad esagerare, a superare i limiti. Del resto questo modo di fare piace agli adepti della setta, soprattutto a quelli che adoravano il ganassa di Arcore ed il fanfarone di Pontida, e lui li accontenta.

domenica 13 settembre 2015

La vittoria di Pirro di Alberto Bagnai

Il successo che Coso ha ottenuto ai Macchianera Awards mi ha indotto a fare alcune considerazioni di carattere generale che ho pubblicato su Twitter:


Un dato preoccupante sul quale riflettere : hanno successo i siti (Grillo, Goofynomics, Fatto Quotidiano) che censurano le opinioni sgradite

Ancora un dato preoccupante sul quale riflettere: hanno successo i siti (Grillo, Goofynomics, Fatto Quotidiano) che informano a comodo loro per fare proselitismo.

Un altro dato preoccupante sul quale riflettere: hanno successo i siti (Grillo, Goofynomics, Fatto Quotidiano) dove si insulta e si dileggia chi non asseconda il Guru 

Ennesimo dato preoccupante sul quale riflettere: hanno successo i siti (Grillo, Goofynomics, Fatto Quotidiano) che incentivano faziosità e fanatismo.






Avevo preparato un altro tweet ma per ora non l'ho pubblicato su Twitter:


Ancora un dato preoccupante sul quale riflettere: hanno successo i siti (Grillo, Goofynomics, Fatto Quotidiano) che veicolano il qualunquismo ed il populismo anti-sistema che fa gli interessi della destra. 

Sono considerazioni che mettono in luce tutta l'ambiguità e la tossicità dell'impresa intellettuale di Coso, un'impresa che paradossalmente coglie un successo in un momento di estrema debolezza:

1) l'operazione Fassina è fallita miseramente (ricordate? Coso si era illuso che Fassina fosse in grado di scalzare Renzi e far diventare il PD un partito noeuro)

2) Coso non ha una seria proposta per uscire dall'€, lui stesso ha ammesso che non gli interessa più il quando ed il come, ormai si limita a vaticinare che il crollo dell'€ prima o poi avverrà, semmai gli interessa il dopo ( e per il dopo sappiamo già cosa ha proposto)

3) sul piano generale la Goofynomics è ormai fuori gioco, l'ha messa fuori gioco Coso in persona con un incredibile autogol 


Ecco perché, non avendo più nulla di serio da proporre, Coso ha cominciato ad occuparsi di migranti.

C'è chi ha osservato che quella della «sostituzione dei popoli europei» usata da Alberto Bagnai è una tipica formula-spauracchio della dx neonazista.



E' un'osservazione corretta? Sì, lo è ma Coso se ne frega:  lui vuole mantenere la visibilità ottenuta in questi anni ed è disposto a tutto, anche ad appoggiare la destra xenofoba e razzista, pur di mantenerla.

Questo è il prezzo del successo quando lo si vuole ottenere a qualunque costo:  si vincono i Macchianera Awards ma si perde la dignità.

martedì 1 settembre 2015

La comicità involontaria di Alberto Bagnai

Non a tutti è sfuggito questo amorevole commento di Alberto Bagnai pubblicato su Goofynomics il 16 agosto:


Ne parlammo su questo blog il giorno stesso, mentre si stava commentando il post L'incredibile autogol di Alberto Bagnai :


Non abbiamo però ancora avuto l'occasione ed il piacere di citare e commentare un altro amorevole commento di Alberto Bagnai, questo del 30 agosto:




Il contesto nel quale maturano i due commenti di Alberto Bagnai è più o meno lo stesso: due seguaci si lamentano per essere stati bloccati (a loro dire ingiustamente) su Twitter e Bagnai gli spiega che sono stati bloccati perché hanno concesso spazio a soggetti indesiderati.

Nel primo commento Bagnai rimprovera severamente il seguace per aver perso tempo a parlare con quattri coglioni che hanno la lebbra. Se li tocchi hai la lebbra. Chiaro il concetto?  Non è ben chiaro chi siano i quattro coglioni ma è ben chiaro il concetto: con alcuni soggetti non si deve dialogare, soprattutto se questi soggetti mettono in dubbio la validità della Goofynomics.

Nel secondo commento Bagnai ribadisce che con certa gente non si parla. Punto e poi aggiunge che chi parla con certa gente è un pervertito, è come se fosse un pedofilo o un coprofilo, e poi conclude:

Quindi, quale che sia la vostra schifosa perversione, posso solo richiamarvi a dei principi di umanità, e impedirvi di coinvolgermi. E lo faccio. 

Nel primo commento non si fanno nomi ma nel secondo commento c'è un evidente richiamo ed una evidente e pesante allusione al Prof. Puglisi e al Prof. Monacelli ( al quale, in un'altra occasione, pochi giorni prima, era stato promesso un cappottino di abete )

Nel pomeriggio di oggi il concetto è stato ribadito ulterioremente con un nuovo commento:



Il passaggio chiave è il seguente:

Ribadisco: è assolutamente evidente che parlare con certa gente significa ergersi non a difensore, ma a ventilatore. E siccome a me certi schizzi non piacciono, appena vedo uno che ventila gli stacco la spina. That's all.


Potrebbero esserci gli estremi per una denuncia ma non è di questo che vogliamo occuparci adesso, vogliamo occuparci invece di una proposta che Bagnai ha fatto nel lasso di tempo intercorso tra il primo commento del 16 agosto e questi due commenti più recenti.

Sapete che cosa ha proposto Alberto Bagnai in data 26 agosto con il post Do you remember me? Vol. 2 (CLN vs. TRC ?

 Ha proposto, udite udite, una Commissione per la Verità e la Riconciliazione per ristabilire un minimo di serenità, di verità, di equilibrio, di riconciliazione ..., per permetterci di superare veramente questo clima di apartheid, di caccia alle streghe, senza uno strascico di rancori ...


Non vi sembra assolutamente surreale ed  irresistibilmente comico il fatto che il soggetto più litigioso, attaccabrighe, aggressivo, irascibile, rissoso, permaloso, suscettibile, polemico, bisbetico e provocatore del pianeta proponga una Commissione per la Verità e la Riconciliazione dopo aver detto che è inutile  parlare con quattri coglioni che hanno la lebbra e continuando poi imperterrito ad offendere e insultare puntualizzando che con certa gente non si parla ?

Non vi sembra comico tutto ciò? Nooo?

Ripensandoci forse avete ragione: questo personaggio non fa ridere, fa pena, è a dir poco uno sbalestrato ...